Wimbledon 2021 – Cosa lasciano nella memoria questi Championships

Wimbledon 2021 – Cosa lasciano nella memoria questi Championships appena andati in archivio. Due settimane di grande tennis che hanno riportato il pubblico nelle tribune del Center Court dopo un anno di pausa dovuto al Covid. I rumori del tifo, lo scandire flemmatico del punteggio da parte dell’arbitro, i suoni ovattati del rimbalzo della palla su quel campo ci erano molto mancati.

Londra – Wimbledon è un grande torneo. Rappresenta l’Olimpo del tennis. Una sorta d’icona. Il fascino che questo torneo si è costruito nel tempo è unico. Dall’era Borg, l’attrattiva dei Championships, complice la presenza sempre più capillare dei media televisivi, ed ora dei social, è aumentata di anno in anno, creando in ogni spettatore il desiderio di voler essere lì, almeno per una volta nella vita. Il fenomeno mediatico ha fatto nascere in tanti bambini l’aspirazione di poter giocare un giorno sul Center Court e di sollevare il trofeo del vincitore. L’edizione numero 134 del torneo ha collocato nella nostra memoria alcuni tasselli che rimarranno indelebili.

Novak Djokovic bambino. Tra i piccoli che sognavano di vincere ai Championships c’era anche Djokovic. Lui stesso ha ricordato, e non senza emozione, quando da bambinetto si costruiva con mezzi rudimentali il Trofeo di Wimbledon, immaginando poi di riceverlo in premio. Ha avuto la capacità di trasformare il virtuale in reale.

La sua terza vittoria di fila. Il murales verde che funge da albo d’oro prima dell’ingresso nel Center Court mostra adesso dal 2017 fino al 2021 tre volte il nome Djokovic, senza citare il 2020, anno in cui il torneo è stato annullato. A questa tripletta vanno aggiunti i successi nel 2011, 2014 e 2015. Un sestetto di primi posti che colloca il serbo tra i migliori di sempre sull’erba di Wimbledon. Ha superato Borg, che ottenne 5 successi dal 1976 al 1980, si è avvicinato a Pete Sampras e Roger Federer, rispettivamente con 7 e 8 titoli.

djokovic_trophy_AELTC_Thomas Lovelock

Novak Djokovic – Photo credit: AELTC/Thomas Lovelock – Wimbledon 2021

Il numero 6 questa volta equivale a 20. Il sesto Wimbledon ha portato a 20 il numero di Major conquistati da Nole. Adesso sono 3 i giocatori appaiati sullo stesso gradino con 20 Slam: Djokovic, Federer, Nadal. Tre nomi che si sono spartiti 60 trofei tra di loro. Una cifra da fantatennis. E dire che quando Pete Sampras si ritirò, i soloni del tennis dicevano: “Nessun altro saprà mai vincere quanto e come lui”. Mai dire mai. Di tennisti in grado di fare meglio ne sono arrivati addirittura tre. Le divinità dei giochi sanno sempre come stupirci.

Tre quarti di Golden Slam messo in archivio. Novak Djokovic è tra gli eletti che sono stati capaci di vincere tutte le prove dello Slam tra il 2008 ed il 2016. Con l’avvento dell’era Open sono solo altri 4 i tennisti che hanno vinto sia a Melbourne, che al Roland Garros, Wimbledon e New York. Ecco i loro nomi: Rod Laver nel 1969, Andre Agassi nel periodo 1992-1999, Roger Federer (2003-2009), Rafael Nadal (2005-2010). Tuttavia solo Laver è riuscito nell’impresa di centrare tutti i Major nello stesso anno. Djokovic può eguagliare questo fantastico record che persiste da ben 52 anni. Quando a fine agosto inizierà lo US Open di Flushing Meadows 2021 Djokovic avrà un progetto da portare a termine. La tensione emotiva sarà enorme ma sta dimostrando al mondo che la sua bolla di concentrazione è superiore a qualsiasi ansia da prestazione.

La finale nel Singolare Maschile raggiunta da Matteo Berrettini. La prima volta di un italiano dal 1877, anno di nascita del torneo. L’unità d’Italia risale al 1870 e appena 7 anni dopo Wimbledon organizzava la prima edizione dei Championships. L’evento ha attraversato tre secoli prima di poter vedere la domenica della finale del Maschile il nome di un tennista italiano sul tabellone dei punteggi e la bandiera tricolore sventolata dai tifosi sul Center Court.

La dignità di Berrettini mostrata dopo la sconfitta. Non ha fatto drammi il romano dopo aver affossato in rete la palla del match point che ha dato la vittoria a Djokovic. Ha raggiunto a testa alta la metà campo e abbracciando il suo avversario gli ha detto: “Molto bravo”. L’espressione era di chi fosse consapevole di aver dato il massimo per cercare di vincere ma di aver trovato di fronte un giocatore in questo momento della sua carriera pressoché imbattibile. Matteo ha dato esempio di autentico Fair Play. Accettare le sconfitte ed il valore dell’avversario è sintomo di maturità agonistica, ingrediente necessario per imparare a vincere. E Berrettini sa già vincere ed ha nelle sue corde il talento e la forza per costruire grandi vittorie.

djokovic_berrettini_AELTC_Simon Bruty

Djokovic e Berrettini – Photo credit: AELTC/Simon Bruty – Wimbledon 2021

“Questo è l’inizio e non certo la fine”. Sono le parole pronunciate da Berrettini ai microfoni del Center Court durante la cerimonia di premiazione della finale. Parole utili a metabolizzare la delusione della sconfitta così come tutti dovrebbero fare, relegando il match in una nuova opportunità per imparare qualcosa. Un pensiero che ha rivolto non soltanto al suo team tecnico ringraziando tutti, soprattutto ai suoi familiari. Bravo Matteo.

Un giorno potrà essere lui ad alzare al cielo la coppa con l’ananas: “The Gentlemen’s Singles Trophy”, il trofeo introdotto a Wimbledon dal 1887, che andò a sostituire la “Challenge Cup”, che a sua volta aveva rimpiazzato la “Field Cup”, prima coppa dei Championships.

La “Field Cup” fu in palio dal 1877 al 1883. Il regolamento sanciva che il trofeo sarebbe stato regalato per sempre a chi lo avesse vinto tre volte. Ci fu un tal William Renshaw che dal 1881 al 1886 conquistò 6 vittorie consecutive in singolare. Di conseguenza si portò via prima la Field Cup, e poi la Challenge Cup.

I dirigenti del Club decisero che dall’edizione 1887 il nuovo trofeo, acquistato in sostituzione degli altri due, non sarebbe mai più diventato di proprietà di un pluri-vincitore del torneo. La tradizione è tradizione.

Paolo Rossi