Riflessioni sul fallimento del calcio italiano

L’eliminazione degli azzurri ha scatenato polemiche. Di chi è la colpa della debacle del calcio italiano?

Azzurri out prima degli ottavi: Riflessioni libere sul calcio Italiano

Con i confronti del Gruppo H si è conclusa la fase a gironi dei Mondiali di Calcio 2014. Decise quindi le 16 squadre che da domani si daranno battaglia negli ottavi di finale della competizione iridata. Tra queste come ormai è noto a tutti non ci sarà l’Italia. L’eliminazione conseguente alla sconfitta subita contro l’Uruguay ha certificato in modo piuttosto evidente la crisi del calcio azzurro ed ha provocato inevitabili polemiche. Il tutti contro tutti iniziato subito dopo il ko ha messo in mostra uno dei volti peggiori del nostro essere sportivi. Per non farci mancare nulla, per dimostrare ancora una volta come il saper perdere non rientri nel nostro modo di essere. Il Commissario tecnico Prandelli ed il Presidente della Federazione Abete hanno rassegnato le dimissioni, i senatori hanno accusato i meno esperti del gruppo e i giornalisti hanno cominciato la classica quanto stucchevole caccia al colpevole.. Tutti insieme hanno puntato il dito contro lo stesso giocatore: Mario Balotelli.

Il centravanti del Milan è diventato capro espiatorio del fallimento azzurro ed ha unito le critiche di ogni componente. Gli stessi che dopo l’illusorio successo ottenuto nel match di esordio contro l’Inghilterra lo avevano osannato oggi gli addossano quasi tutte le responsabilità. Come se l’Italia fosse solo Balotelli, come se “scaricare il barile” fosse modo per ridimensionare la sconfitta. Lo dico chiaramente. Non sono d’accordo e non intendo associarmi a questo pensiero. Balotelli ha ovviamente deluso le attese ed ha purtroppo perso l’occasione per effettuare il definitivo salto di qualità. Non è riuscito a incidere, ha irritato gran parte della tifoseria azzurra e ha confermato i difetti di un carattere difficile (pur senza lasciarsi andare ad atteggiamenti dannosi o fuori dagli schemi). Tutto vero, tutto legittimo. Al di là di questo è però fuori luogo pensare che la prematura uscita di scena dell’Italia sia per gran parte colpa di Balotelli. Dove mettiamo gli errori di Paletta e Chiellini? Come consideriamo le modeste prestazioni di Abate, Thiago Motta, Immobile, Insigne, Cassano e Cerci? In che modo valutiamo le confusionali scelte di Prandelli e la sua mancanza di personalità? Senza poi dimenticare la mediocrità del nostro calcio, la poca esperienza di certi giocatori chiamati al Mondiale senza avere mai marcato il cartellino nelle competizioni internazionali..

 

Cesare Prandelli Ct Italia

 

A questo vanno ovviamente sommati i troppi elogi che molti addetti ai lavori hanno sprecato per elementi di modestissima caratura e per le partite del nostro campionato. Gli stessi che ora fanno processi al nostro calcio fino a pochi giorni fa definivano con insopportabile enfasi “spettacolari” certi confronti di Serie A e pensavano che Cerci, Candreva, Immobile ed Insigne fossero giocatori all’altezza della competizione più importante del mondo. Molti di questi leggendo i nomi della rosa azzurra azzardavano paragoni affermando che in giro non ci fosse poi tanto di meglio. I fatti hanno detto ben altro ed hanno smentito proclami a dir poco faziosi. La Serie A non è ormai da anni metro di paragone adeguato per valutare la bravura dei nostri giocatori. Non è per sminuire chi vince o per nascondere i demeriti di chi perde, ma è una constatazione che deriva da un’attenta analisi della realtà.

Tante volte in questo blog (gli articoli scritti nel corso della stagione sono lì a testimoniarlo) ho espresso giudizi negativi sul calcio italiano ed ora purtroppo il campo mi ha dato ragione. Non mi ero allineato prima (quando andava di moda o tornava comodo dire che in Italia si gioca il campionato più difficile del mondo), non mi allineo neanche ora (sparando a zero su un giocatore e rimanendo di conseguenza alla superficie del problema). Il nostro calcio è perdente nel concetto e paga la mancanza di idee prima che di soldi (pensiero che a molti può far storcere il naso ma che reputo di primaria importanza). Nei momenti di difficoltà si dovrebbe affinare l’ingegno, ripartire dalla base, dar vita ad un progetto serio, si dovrebbe avere almeno l’umiltà di riconoscere gli errori. Da noi nessuno lo ha fatto.

Abbiamo vissuto di rendita sul Mondiale vinto nel 2006, abbiamo sperato che i trionfi di Milan e Inter in Champions League (rispettivamente nel 2007 e 2010) fossero il risultato di un calcio capace sempre e comunque di competere. In molti non hanno capito che queste sono state eccezioni e che i successi appena citati hanno solo ritardato l’inevitabile. Ammettere di non essere più al top non sarebbe stato segnale di debolezza ma un sintomo di intelligenza e lungimiranza. I tempi della ripresa sarebbero stati meno lunghi, le conseguenze della crisi sarebbero state meno evidenti. Invece i “soliti noti” ci hanno detto che un 4-3 deciso da 5 papere dei portieri è fotografia di un calcio in salute e che giocatori mediocri sono grandi campioni solo perché segnano qualche gol.

Il ko con l’Uruguay ha provocato una rivoluzione. I giudizi sono stati stravolti e le lodi sono diventate critiche, ma ancora una volta si è deciso di non andare a fondo del problema. Meglio (e più interessante probabilmente) affermare che Balotelli è un “mostro da cui prendere le distanze” (estremizzo ovviamente) e sottolineare il suo fallimento. A molti questo tira su il morale. E’ così da sempre e non solo in relazione al calcio. Trovato il colpevole siamo tutti più sereni e poco importa se tutto resta uguale. Come se, tornando al tema dell’articolo, senza Balotelli l’Italia del domani sia di nuovo pronta per risalire la china.. Se ci piacciono le favole possiamo pure crederci, ma la realtà è ben altra cosa.

 

bandiera italia

 

La crisi del calcio italiano e i paragoni con i movimenti esteri

Vittorie e sconfitte sono cicliche, fanno parte del gioco. Ogni paese ha avuto i suoi momenti di gloria e i suoi periodi di difficoltà.. La bravura sta nel capirne i motivi e nel trovare soluzioni. Anche la Germania (sicuramente espressione del calcio più continuo di sempre a livello di nazionali) ha vissuto il suo decennio di appannamento (scottanti eliminazioni mondiali del 1994 e del 1998, deprimente Europeo del 2000), ma poi ha cercato un’altra strada ed è risorto dalle ceneri. Puntando sui settori giovanili, aumentando tecnica individuale e velocità di manovra, tirando fuori talenti a ripetizione. Ad eccezione di Euro 2004 (la competizione più strana di sempre e non solo per il trionfo della Grecia) sono sempre stati protagonisti (ai Mondiali 2 volte in semifinale e 1 in finale, agli Europei 1 volta in semifinale e 1 in finale).

Chi guarda solo alle vittorie dirà giustamente che la Germania non alza un trofeo dagli Europei del 1996 e che l’Italia in questi anni ha inflitto al calcio tedesco due pesanti sconfitte (entrambe in semifinale, ai Mondiali 2006 e agli Europei 2012), ma chi va anche al di là dei risultati (fattore fondamentale nello sport ci mancherebbe) sa che nell’ultimo decennio il calcio tedesco è stato superiore a quello italiano. Noi li battiamo sempre negli scontri diretti (e probabilmente li batteremmo anche se giocassimo domani con la stessa rosa di Brasile 2014 perché loro ci hanno sempre sofferto e ci soffriranno in futuro), ma questo è un aspetto che esula da una onesta analisi oggettiva sul valore effettivo dei movimenti..

Sarebbe sbagliato mettere sullo stesso piano la brutta figura dell’Italia con quella della Spagna. Perché gli iberici nell’ultimo decennio hanno dominato la scena (nel gioco oltre che nei risultati) e perché a chi da anni è sulla cresta dell’onda si può pure concedere un passo falso. Molti invece se la prendono con Balotelli (che pure ha le sue colpe ripeto). Sarebbe più onesto iniziare a fare i conti con il fatto che oggi l’Italia non è una potenza del calcio Mondiale. Chi lo aveva capito prima non si è sorpreso più di tanto di questo fallimentare cammino.

 

Foto Cesare Prandelli Ct Italia: Piotr Drabik