#4 Come ti esulto dopo un gol

Mondiali & Parole – Il quarto racconto: “Come ti esulto dopo un gol” (Tassonomia dell’esultanza calcistica) a cura di Mauro Zappia

La palla è tra una selva di gambe, viene colpita alla perfezione, entra in rete: gol!

A questo punto esplode l’adrenalina , l’esaltazione è fuori controllo. Insomma, come non esultare?

Fino agli anni ’70, a testimoniare la derivazione anglosassone del calcio, uno sport nato senza bisogno arbitri, rimesso alla lealtà dei giocatori, al loro self control, si era soliti dare una stretta di mano al compagno, una pacca sulla spalla, o si alzavano semplicemente le braccia in aria e si trotterellava un po’ per il campo col sorriso sulle labbra. Successivamente la corsa divenne sempre più veloce e, al limite, se si era ai Mondiali (anni ’80) si emetteva un lacerante urlo tipo Tarzan (vero Tardelli?).

Bisogna ricordare, in primis a me stesso e poi ai nostri pazienti lettori, che le regole del calcio, nella sezione “Istruzioni supplementari per arbitri, assistenti e quarti ufficiali” al punto “Festeggiamenti in occasione di una rete”, così recitano:

“La manifestazione di gioia non deve essere eccessiva” invitando ad “ammonire in presenza di gesti offensivi, irrisori o provocatori; di arrampicate sulle reti; di sollevamento della maglia”.

Non siamo qui di certo per criticare la regola. Non siamo in un blog. Però adesso siamo nel Duemila, nell’era dell’interconnessione planetaria, modernizziamoci! Prendiamo gli esempi dei campioni, eleviamoli a sistema, analizziamo e traiamone le dovute considerazioni.

Portata a termine questa operazione ermeneutica, apparirà una sfilata di modelli, alcuni più o meno datati, altri più o meno bizzarri, altri più o meno al limite della regola. Ma tutti espressione dell’ irrazionale sentimento di gioia. Il gol come realtà che si fonda su un principio non razionale come il caso, il fato; il gol come un complesso di avvenimenti imprevedibili e sfuggenti alla direzione della volontà umana che appena segnato, si manifesta come un demone che, sotto una nuova forma, pervade l’animo. L’irrazionalità del prima e del dopo il gol segnato non è affatto una ragione contro la sua esistenza e contro la sua regola ontologica, ma piuttosto una condizione di questa. Il gol, per quanto sublime, è tuttavia umano, troppo umano.

Poiché filosofeggiare appesantisce una lettura come questa, che ambisce, invece, ad essere leggera e divertente, diamo inizio alla sfilata, in quello che un po’ aulicamente definirei una tassonomia aperta dell’esultanza.

Che entrino i modelli!

Modello “ballerino”: l’archetipo è rappresentato dall’esultanza di Roger Milla, il grande bomber camerunense che detiene il primato del giocatore più anziano autore di un gol ai mondiali (USA 1994, a 42 anni, gol alla Russia nella disfatta africana per 6-1). A Italia ’90 inventa la Makossa, una danza attorno alla bandierina per festeggiare i suoi gol, una danza che farà il giro del mondo e che nel 2010 verrà addirittura inserita in una campagna pubblicitaria della Coca-Cola.

Come non ricordare però la Macarena del Piacenza tutto italiano di Pasquale Luiso e compagni?

Modello “sparatutto“: il modello per eccellenza è Gabriel Batistuta, il goleador argentino che ha rubato numerosi record a Maradona: topscorer della Nazionale albiceleste (56 reti), ai Mondiali di calcio, maggior numero di reti segnate nella fase finale (10 contro 8) e primo autore di una tripletta in due mondiali diversi. Dopo aver fatto gol, fa una faccia cattiva, finge di imbracciare un mitragliatore, e corre per il campo sparando a tutti. Si vedano i gol nel mondiale 1998, contro Giappone, Inghilterra e Giamaica.

Modello “Casper“: ci si mette la maglia davanti alla faccia e si comincia a correre ondeggiando come un fantasma. Un po’ scomodo per la vista, ma assai remunerativo se la t-shirt sotto la maglia ufficiale reca uno sponsor. Non sappiamo se proprio lui fosse l’inventore, ma ne rappresenta il degno campione Fabrizio Ravanelli, l’uomo che Cesare Maldini voleva portare ai Mondiali francesi del 1998, ma che non partì mai per la Francia poiché, alcuni giorni dopo l’inizio del ritiro, fu colpito dalla rosolia e sostituito così con Enrico Chiesa.

Modello “trenino“: la prima volta che lo vidi, fu nella partita Napoli-Bari del campionato 2010/2011: si chiamano a raccolta un po’ di compagni di squadra, ci si avvicina alla bandierina a quattro zampe, e, in alcune varianti (Nigeria), si fa finta di fare la pipì a mo’ di cani. Esultanza “vintage”però per il Bari, che al San Paolo rispolverò quel trenino che fu messo in moto la prima volta durante l’era Fascetti: era stato Guerrero Paz, colombiano di Italia ’90, idolo della tifoseria biancorossa, ad inventare questa esultanza in un famoso 25 settembre 1994 durante una trasferta contro il Padova vinta 2 a 0 dal Bari.

La variante che però più ci piace ricordare, che chiameremo “trenino fumato”, fu messa in pratica da alcuni giocatori argentini che dopo il gol si misero sulla bianca linea di fondo e mimarono una sniffata di cocaina. La variante solitaria del gesto, l’ha messa in pratica Robbie Fowler, bandiera del Liverpool, presente ai mondiali del 2002 con la Nazionale inglese, squalificato per aver pedissequamente imitato il modello.

Modello “acrobata“: uno o più bei caprioloni da veri ginnasti sono stati il distintivo del grande Hugo Sanchez, di Oba Oba Martins, di Asprilla, di Klose (4 capriole ai Mondiali di Corea), di Obinna, di Hernanes, di Fernando Couto, di Kevin Prince Boateng, nella variante ruota, e di Fabián Espíndola, argentino, famoso per una prodigiosa capriola con avvitamento che eseguiva dopo ogni gol. Giocava nella Major League americana con la maglia del Real Salt Lake City: marca una splendida rete di testa contro i Los Angeles Galaxy di David Beckham. Gol bello: ed esultanza splendida. Ma atterrando il ragazzo sbaglia i tempi: e si infortuna seriamente. Frattura del metatarso. Mentre i medici lo accompagnavano verso gli spogliatoi, gli comunicano, per di più, che il gol gli è stato pure annullato per fuorigioco.

Il povero Espìndola intervistato all’ospedale subito dopo il ricovero: “Io amo il calcio, e amo la mia squadra. Se faccio gol esulto, perché la gente da me si aspetta la rete e la gioia che so esprimere giocando al pallone. Stavolta però mi vergogno: anche se ho semplicemente espresso quello che sono e che faccio fin da quando giocavo da ragazzino in Argentina. Ho fatto quel salto milioni di volte e non mi sono mai fatto male. Ma non lo farò mai più. Perché mettere in difficoltà la mia squadra così è stato da stupidi.

E comunque il gol era regolare…”

C’è chi disse “il calcio non è questione di vita o di morte, è molto di più”.

Modello “scusa quanto mi dispiace” (da applicare quando si è un ex): si abbassa la testa e si cammina con aria da funerale senza sorridere minimamente. Sembrerebbe che un tale modello non si possa adattare in una competizione come quella dei mondiali. Ma volete sapere un po’ quanti giocatori hanno giocato mondiali con nazionali diverse? Ecco.

Luisito Monti (finalista al Mondiale 1930 con l’Argentina e finalista al Mondiale 1934 con l’Italia); Raimundo Orsi (Argentina e Italia con cui ha vinto il Mondiale 1934); Ferenc Puskas (Mondiale 1954 con l’Ungheria, Mondiale 1962 con la Spagna); Alfredo Di Stefano (prima Nazionale Argentino, poi Colombiano, poi Spagnolo); Laszlo Kubala (ha indossato la maglia di Ungheria, Cecoslovacchia e Spagna); Josef Bican (l’unico giocatore ad aver segnato con 3 Nazionali diverse, Austria, Cecoslovacchia e Nazionale Boemo-Moravia); Robert Prosinecki (Mondiale 1990 con la Jugoslavia, Mondiale 1998 con la Croazia); Schiaffino e Ghiggia (Campioni del Mondo con l’Uruguay nel 1950 e poi titolari della Nazionale italiana); Ernst Williwoski (23 partite con la Nazionale polacca e 8 con la Nazionale tedesca); infine, Josè Altafini (Mondiale 1958 col Brasile, Mondiale 1962 con l’Italia).

Modello “leccapiedi”: si inizia una corsa furente, scansando qualsiasi cosa cerca di abbracciarvi e ci si getta festanti sull’allenatore oe i dirigenti oppure si attendono i servigi dei compagni meno dotati tecnicamente: la fervida immagine di Moriero che lucida scarpe a Totti, Ronaldo o ad Alvaro Recoba è tuttora chiara e presente nei nostri ricordi.

Modello “ninna nanna” da applicare quando si è appena diventati padri: si corre per qualche metro per poi fermarsi di botto, e a questo punto si fa finta di cullare un bambino (le lacrime delle donne in tribuna sono garantite). Icona mundial, Bebeto dopo il gol all’Olanda nei quarti di finale dei Mondiali americani del 1994, vinti peraltro. Dopo di lui, solo patetici epigoni.

Modello “i so’ pazz”: nessun sorriso, nessun braccio in alto e nessuna faccia contenta, anzi un gran muso e un calcio a qualsiasi cosa sia nelle vicinanze (la bandierina, i cartelloni pubblicitari, i fotografi…). Tipico di giocatori discussi, come Cassano, Cantona e Mario Balotelli, che, notizia di questi giorni, ha giurato che esulterà solo dopo un gol segnato nella finale. Qui una toccatina apotropaica non guasterebbe, ad arrivarci però..

Modello “amore eterno”: da attore provetto ci si dirige verso la telecamera accesa e si urla “Ti amo” alla propria donna; garantisce l’orgasmo entro tre ore dalla fine dei controlli antidoping. Inventore ancora Batigol. Lo spagnolo Raul incarna invece la variante del modello che chiameremo “Liala”: dopo il gol alla Slovenia, ai mondiali coreani, ha baciato l’anello di matrimonio, in un gesto rituale e propiziatore della nascita di ben 5 figli.

Sempre in Argentina, è stata congegnata la variante “spinta” del modello amore eterno. Autore Martin Palermo, El Titan, El Loco. L’uomo che, riconvocato da Maradona in Nazionale dopo 10 anni di assenza e numerosi infortuni, con un gol al Perù nei minuti di recupero, fece strappare il biglietto per il mondiale sudafricano alla nazionale Argentina. L’uomo che riuscì a tirare un calcio di rigore con tutti e due i piedi, facendo intervenire la FIFA ad esprimersi sulla regolarità del gol. L’uomo che segnò di testa da 38,90 metri. L’uomo che sbagliò tre rigori nella stessa partita, Argentina-Colombia 0-3, Coppa America 1999.

Inserisce il suo nome nel tabellino dei marcatori anche nel match contro il Newell’s Old Boys di Rosario. Ordinaria amministrazione, se non fosse che mr. Hide si impossessi della sua mente e decida di esultare togliendosi i pantaloncini sotto la curva presidiata dai propri tifosi. Il compagno di squadra, Schelotto, prova a salvare una situazione al limite dal tragicomico coprendo il centravanti. Ma, pochi secondi dopo, ecco sopraggiungere Riquelme che, sulle ali dell’entusiasmo, secondo la versione della federazione argentina, “mima un amplesso” insieme al Loco. Delirio del pubblico alle stelle e squalifica inevitabile per entrambi.

Modello “Violani”: Jacopo Violani, attaccante del Riolo Terme, squadra che gioca in seconda categoria, numerosi “mi piace” su Youtube. Una Domenica pomeriggio, nel derby contro il Ponticelli, il bomber in maglia giallo rossa, mette a segno la terza rete che chiude virtualmente l’incontro. Dopo il gol, corre verso la propria panchina e, fin qui, nulla di male. Non si toglie maglia, pantaloncini, mutande, tranquilli, nulla di offensivo o volgare. Ma lui da bomber vero stupisce tutti e, quindi, cosa fa? Sfoga la sua gioia incornando come un ariete imbizzarrito, la parte laterale della panchina con la testa ed entrandoci fino al petto, nemmeno fosse la palla su cui avventarsi per vincere una finale di Champions League.

Lo capisco: del resto dopo un gol di tale importanza, si doveva opporre un’esultanza quanto meno imprevedibile: hai ragione Jacopo! Non sei un modello, sei un fenomeno!