Focus Ciclismo – Il Tour de France 2020

Primo appuntamento su SportApp.it dedicato all’analisi della stagione ciclistica appena andata in archivio. Nella puntata di apertura della nuova rubrica attenzione rivolta al Tour de France 2020

Lo strano ma comunque intenso 2020 del ciclismo professionistico è andato in archivio domenica scorsa al termine della Vuelta di Spagna. La stagione agonistica delle due ruote è stata ovviamente influenzata, così come ogni altro ambito della nostra vita, dall’emergenza sanitaria mondiale dovuta al Coronavirus. Grandi difficoltà hanno caratterizzato il calendario internazionale e messo a dura prova l’intero movimento. Tante le problematiche con cui si è dovuto fare i conti: la preoccupazione per la sicurezza dei ciclisti, dei team, degli organizzatori e del pubblico, lo slittamento delle gare, le tempistiche di un’intera stagione racchiusa in pochi mesi (con date sovrapposte e defezioni dovute a casi di positività), i rischi di un’ulteriore diffusione del contagio e una situazione drammatica nel mondo a tenere tutti con il fiato sospeso. Nonostante questo, la stagione è stata portata a termine, la maggior parte delle competizioni in programma si sono disputate e lo spettacolo non è fortunatamente mancato. Tante infatti le imprese che resteranno scolpite nella memoria degli appassionati e le gesta di corridori che si sono messi in bella evidenza.

È stata una stagione anomala che più di quelle passate ha fatto registrare un “cambio generazionale”. Merito di giovani talenti che hanno “scalzato” corridori sulla carta più affermati, anticipando al presente quello che molti ipotizzavano come futuro. Un dato di fatto che ci ha portato in una nuova era e che ha riguardato le grandi corse a tappe così come le principali classiche.

Nella rubrica Focus Ciclismo analizzeremo di volta in volta quanto accaduto, suddividendo la stagione in distinti capitoli: nella prima puntata spazio al Tour de France, poi Giro d’Italia, Vuelta di Spagna, Mondiali su Strada, Classiche Monumento, prestigiose corse di un giorno, brevi gare a tappe di spessore internazionale, vittorie parziali nei tre Grandi Giri ed altri approfondimenti a livello statistico per “storicizzare” i dati e comprendere meglio la portata di certi successi.

I Grandi Giri del 2020

Dopo questa lunga ma doverosa premessa, è il momento di mettere sotto la lente d’ingrandimento quanto accaduto nelle principali corse a tappe, quindi Tour de France, Giro d’Italia e Vuelta di Spagna con i meritati trionfi ottenuti rispettivamente da Pogačar, Geoghegan Hart e Roglič. Due affermazioni slovene ed una britannica a testimoniare una prima significativa “rivoluzione geografica” in un mondo del ciclismo che già da qualche anno ha visto venire meno l’egemonia di nazioni con grande tradizione (Italia, Francia, Belgio, Olanda e Spagna) a vantaggio di paesi che fino allo scorso decennio quasi mai avevano inciso nelle principali competizioni. La Gran Bretagna è diventata da alcune stagioni una superpotenza grazie alle imprese di Cavendish, Wiggins, Froome e Thomas, mentre la Slovenia è salita alla ribalta soltanto di recente, ma ora può contare su due dei migliori interpreti al mondo per ciò che concerne le corse a tappe. Entriamo nello specifico dei tre Grandi Giri partendo ovviamente dal Tour de France.

Dominio sloveno al Tour de France 2020

Tour de France 2020 ok

La tabella con i migliori cinque della classifica finale fotografa alla perfezione il dominio della Slovenia alla Grande Boucle 2020. Roglič ha dettato legge nella fase centrale e sembrava ormai avere in tasca la vittoria, ma nella cronometro del penultimo giorno (Lure – La Planche des Belles Filles di 36,2 km) ha pagato dazio e si è visto superare dal connazionale Pogačar. Il più giovane tra gli sloveni (Tadej è nato il 21 settembre 1998, mentre Primož è nato il 29 ottobre 1989) ha compiuto l’impresa “aggredendo” le difficili rampe della salita ed ha guadagnato 1’56” sul rivale sopravanzandolo in classifica. Pogačar ha compiuto una delle imprese più belle ed incredibili degli ultimi anni in una tappa che resterà nella storia del ciclismo.

A gioire è stata comunque tutta la Slovenia che ha festeggiato il 1° trionfo di sempre al Tour de France ed una clamorosa doppietta. Un risultato di assoluto valore a livello nazionale visto che nel dopoguerra solo 10 volte due corridori dello stesso paese sono saliti sui primi due gradini del podio: ci sono riuscite la Francia nel 1947 (1° Robic e 2° Fachleitner), nel 1953 (1° Bobet, 2° Malléjac), nel 1956 (1° Walkowiak e 2° Bauvin), nel 1965 (1° Anquetil e 2° Poulidor) e nel 1984 (1° Fignon e 2° Hinault), l’Italia nel 1949 (1° Coppi e 2° Bartali) e nel 1960 (1° Nencini e 2° Battistini), l’Olanda nel 1980 (1° Zoetemelk e 2° Kuiper), la Gran Bretagna nel 2012 (1° Wiggins e 2° Froome) e appunto la Slovenia nel 2020 con Pogačar e Roglič.

Al 3° posto si è piazzato Richie Porte che, a sorpresa, ha riportato l’Australia sul podio alla Grande Boucle dopo quasi un decennio (era il 2011 quando Cadel Evans centrò il successo). Per Porte si è trattato tra l’altro del primo podio in un Grande Giro. Gli iberici Landa e Mas hanno completato la “top 5”, mentre per l’Italia il miglior piazzamento è stato il 10° posto di Damiano Caruso (con un ritardo di 14’03”). Il ragusano classe 1987 si è piazzato per la 3° volta in carriera nella “top ten” in una grande corsa a tappe (nel 2015 era stato 8° al Giro d’Italia e nel 2014 si era classificato 9° alla Vuelta di Spagna) e ha reso meno amara la comunque negativa “spedizione azzurra”. Il suo 10° posto è tra l’altro il miglior risultato italiano al Tour dal 2018 dato che nelle due edizioni precedenti a questa nessuno dei “nostri ciclisti” si era inserito nei piani alti della classifica.

L’ultimo ad entrare nella “top ten” era stato Fabio Aru che nel 2017 giunse 5°, mentre per ritrovare un azzurro capace di salire sul podio bisogna tornare al 2014, anno nel quale Vincenzo Nibali conquistò il successo finale. Dal 2010 in poi i piazzamenti italiani nella “top ten” sono stati appena 7, di cui 3 centrati proprio dal trentaseienne siciliano (3° nel 2012, 1° nel 2014 e 4° nel 2015). Ecco perché al nostro ciclismo servirebbe tantissimo un degno erede di Vincenzo, capace di competere con i campioni della “new generation” sulle strade di Tour, Giro e Vuelta. Perché nel prossimo appuntamento di questa rubrica scopriremo che anche la corsa rosa ha confermato gli stessi problemi.