Focus Ciclismo – Il Giro d’Italia 2020

Nel secondo approfondimento dedicato alla stagione ciclistica fari accesi sul Giro d’Italia 2020 con il trionfo del britannico Geoghegan Hart e alcune interessanti curiosità

Su SportApp.it nuovo appuntamento dedicato al ciclismo e all’analisi dei risultati della stagione che si è da poco conclusa. Dopo aver approfondito quanto accaduto al Tour de France, è il momento di mettere sotto la lente d’ingrandimento la classifica finale del Giro d’Italia 2020 e di evidenziare le interessanti curiosità di questa 103ª edizione.

Il duello tra Geoghegan Hart e Hindley

Giro d'Italia 2020

La tabella con i migliori cinque della classifica finale mette in evidenza l’equilibrio e l’incertezza che hanno caratterizzato il Giro d’Italia 2020. Anche la corsa rosa, così come era del resto accaduto al Tour de France, si è risolta con un sorpasso nell’ultima cronometro. Se Pogačar alla Grande Boucle aveva scavalcato Roglič nel penultimo giorno di gara, Geoghegan Hart al Giro ha invece sopravanzato Hindley nell’ultima frazione, diventando il primo corridore nella storia di questa competizione a primeggiare in graduatoria indossando la maglia da leader solo una volta. Un sorpasso particolare per un duello inedito ed inatteso, visto che i due contendenti hanno affrontato la decisiva prova contro il tempo (15,7 km da Cernusco sul Naviglio a Milano) partendo praticamente con lo stesso tempo (la maglia rosa era sulle spalle di Hindley, in vantaggio di pochi centesimi sul rivale). Nel giorno del meraviglioso poker firmato dall’azzurro Ganna (di cui parleremo in modo approfondito nei prossimi appuntamenti di Focus Ciclismo), Geoghegan Hart ha rifilato 39” al ciclista australiano ed ha quindi conquistato il successo finale.

Alla vigilia del Giro nessuno si aspettava che in lotta per la vittoria ci fossero questi due ragazzi. I favori del pronostico, e le pressioni, erano sulle spalle di ciclisti ben più affermati che poi per vari motivi non sono riusciti a rispettare le attese. Geoghegan Hart e Hindley erano partiti come gregari rispettivamente di Thomas e di Kelderman, ma con il passare delle tappe hanno dimostrato di “avere le gambe migliori” e così nell’ultima settimana hanno preso il sopravvento. Un duello intenso ed appassionante tra due campioni della “new generation” che ha premiato il britannico classe 1995 rispetto al comunque formidabile australiano classe 1996.

Curiosità individuali e per nazioni

Geoghegan Hart e Hindley hanno conquistato il miglior risultato personale in un Grande Giro, mentre il ventinovenne Kelderman è comunque riuscito a piazzarsi al 3° posto ed è salito per la 1ª volta sul podio in una corsa a tappe di tre settimane. La “top five” è stata completata da altre due grandi rivelazioni: Almeida e Bilbao. Il classe 1998 portoghese ha vestito per 15 giorni la maglia rosa e ha tenuto botta con carattere e personalità anche sulle montagne più impegnative dimostrando di avere la stoffa per diventare un ciclista di prima fascia, mentre il trentenne iberico ha raggiunto il punto più alto in carriera ed ha migliorato il 6° posto ottenuto nel 2018.

Geoghegan Hart ha regalato alla Gran Bretagna il 2° successo di sempre al Giro d’Italia dopo quello centrato nel 2018 da Chris Froome, elemento che certifica la prepotente crescita effettuata dal ciclismo d’oltremanica nell’ultimo periodo: in precedenza l’unico britannico capace di giungere tra i migliori tre alla corsa rosa era infatti stato Robert Millar che era arrivato 2° nel 1987, alle spalle dell’irlandese Stephen Roche.

Hindley ha consentito all’Australia di conquistare il 2° podio al Giro d’Italia (7 anni dopo la 3ª posizione di Cadel Evans nel 2013, anno in cui si impose l’azzurro Vincenzo Nibali), mentre l’Olanda, grazie a Kelderman, ha ottenuto il 3° podio nelle ultime 4 edizioni, considerando che Tom Dumoulin era giunto 1° nel 2017 e 2° nel 2018. Con la 4ª posizione di Almeida invece il Portogallo ha mancato per un soffio quello che sarebbe stato il primo storico piazzamento tra i migliori tre alla corsa rosa.

Italiani mai così male

Il miglior piazzamento in classifica di un corridore azzurro è stato il 7° posto di Vincenzo Nibali, che ha chiuso con un ritardo di 8’15” da Geoghegan Hart. Un risultato al di sotto delle attese per un fuoriclasse che, causa motivi anagrafici, ha ovviamente perso lo smalto dei giorni migliori. Non è chiaramente una colpa e il valore assoluto del ciclista siciliano non sarà mai in discussione, ma la carta d’identità parla chiaro e a 36 anni non si può chiedere a Vincenzo di competere con rivali molto più giovani di lui.

Al 9° posto, con un distacco di 9’57” dalla vetta, si è classificato il ventisettenne Fausto Masnada (al miglior risultato in carriera), ma il saldo per l’Italia resta decisamente negativo. Non tanto perché il successo ci sfugge dal 2016 (anno del bis di Nibali) o perché abbiamo mancato l’appuntamento con il podio per la 3ª volta nelle ultime 25 edizioni (era accaduto già nel 2012 e nel 2018, quando a vincere erano stati rispettivamente il canadese Hesjedal ed il britannico Froome), ma perché MAI NELLA STORIA DELLA CORSA ROSA FINO AL 2020 L’ITALIA ERA RIMASTA ESCLUSA DALLE PRIME CINQUE POSIZIONI DELLA CLASSIFICA. Le edizioni più deludenti per i nostri colori erano state fin qui quelle del 1972 (Panizza 5°), del 1987 (Giupponi 5°) e del 2018 (Pozzovivo 5°), ma quest’anno, con il 7° posto di Nibali come miglior risultato, si è andati anche peggio.

Una disfatta purtroppo quasi annunciata, visto che dal 2012 in poi oltre a Nibali solo Aru è riuscito a portare l’Italia sul podio: 4 volte il siciliano (che in carriera vanta 2 successi e 6 piazzamenti totali tra i migliori tre), 2 il sardo che però dopo la 3ª posizione del 2014 e la 2ª del 2015 sembra aver imboccato una parabola discendente difficile da invertire.

Alla luce di questi dati sembrano ancora più lontani i fasti del passato: quasi impossibile infatti nel ciclismo di oggi sognare una “top ten” tutta azzurra come si verificò per l’ultima volta nel 1965 (stagione del trionfo di Adorni davanti a Zilioli, Gimondi, Mugnaini, Balmamion, Taccone, Bitossi, Poggiali, Massignan e De Rosso), o immaginare un podio tutto azzurro come accadde per l’ultima volta nel 2000 (successo di Garzelli su Casagrande e Simoni, con Noè addirittura 4°), o sperare in una striscia di 11 affermazioni consecutive come accadde dal 1997 al 2007 (con le splendide doppiette realizzate da Gotti, Simoni e Savoldelli e i meravigliosi trionfi di Pantani, Garzelli, Cunego, Basso e Di Luca), ma per una nazione che come l’Italia ha scritto la storia del ciclismo E’ LEGITTIMO ASPETTARSI MOLTO PIU’ DI COSI’. Considerando che all’orizzonte non sembrano esserci giovani azzurri capaci di competere nelle grandi corse a tappe, ecco che il bilancio diventa ancora più negativo.

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