Djokovic batte Anderson e torna a trionfare a Wimbledon

Novak Djokovic ha superato in finale Kevin Anderson ed è tornato re di Wimbledon. Il racconto della finale dello slam più prestigioso a cura di Paolo Rossi

Novak Djokovic batte Kevin Anderson 6-2, 6-2, 7-6 (3) in 2 ore e 18′

La finale giocata sullo scenario tennistico più famoso del mondo. Il Central Court di Wimbledon a Church Road , London, England. Il tempio del Tennis mondiale. Dove è ancora l’erba naturale a fornire la superficie di gioco. Il fascino aggiunto del green inglese. Il match conclusivo è stato giocato dal redivivo Novak Djokovic, 31 anni, e l’outsider Kevin Anderson, 32. Una finale tra veterani, a dimostrazione che la “next gen” della racchetta ancora ha da maturare prima di raggiungere palcoscenici così importanti. Serbia contro Sudafrica. Due mondi lontani tra loro a confronto, sia nella geografia che nella cultura sportiva, pur essendo ormai parte del contesto globale

Djokovic era alla sua quinta finale a Wimbledon, la centesima finale in un torneo del circuito ATP da quando è professionista. Anderson, seconda finale in un torneo Major dopo lo U.S. Open del 2017, era alla sua 17esima finale d’una carriera onorevole. Con 172 aces messi a segno in questo Wimbledon prima della finale, annullando un match point a Federer nei quarti prima di batterlo, non solo ha estromesso Roger dalla possibilità di vincere il suo nono titolo sull’erba londinese, ma ha guadagnato il sogno di ogni tennista: essere protagonista nell’Olimpo del Tennis: Wimbledon. I giocatori hanno fatto il loro ingresso in campo, come di consueto da ben più d’un secolo da queste parti, alle 14 ora di Londra. Dopo il palleggio di riscaldamento la sfida è cominciata.

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Il trionfo di Djokovic: Il primo set

Break immediato di Djokovic. Il miglior servizio del torneo, Anderson, si trova di fronte il ribattitore più efficace, Djokovic. La tensione del sudafricano si taglia a fette. La frazione non avrà un sussulto. Novak in meno di 25 minuti di gioco scatta fino al 5-1 con un doppio break di vantaggio. Anderson serve a velocità siderali superando quasi sempre i 200 chilometri orari. Ma Djokovic non si scompone. Risponde alle bordate e conquista i punti significativi. Sul 5-2 va al servizio per chiudere la prima partita. Che sigilla regolarmente per 6 giochi a 2 dopo 29 minuti dall’inizio. Anderson al cambio campo si fa trattare il gomito del braccio destro dal fisioterapista. La fatica dei turni precedenti si fa sentire non poco.

Il trionfo di Djokovic: Il secondo set

Inizia a servire ancora Anderson. Il sudafricano si muove con difficoltà evidenziando ancor più le tossine accumulate. Djokovic è più sciolto, non sbaglia niente e miete punti su punti. Il break arriva subito, il terzo già concesso da Anderson in cinque turni di battuta. È evidente che qualche meccanismo nel suo gioco non funziona più come nei giorni passati, rallentato dalle tante, troppe ore trascorse in campo tra quarti di finale con Federer e semifinale con Isner, partite durissime entrambe vinte con l’ausilio del quinto set. Anche gli errori di rimbalzo del sudafricano si sommano a volte uno dietro l’altro.

Il 4-1 per Djokovic arriva in fretta. Sul successivo game su servizio di Djokovic, Anderson giunge per la prima volta ai vantaggi ma si ferma lì, senza ottenere il briciolo d’una palla break. Dal 5-1 conseguente a favore del serbo il resto è pura accademia, pur avendo fronteggiato anche una palla break. La seconda partita finisce come la prima, 6-2. Con l’unica differenza rilevabile nella durata: 43 minuti anziché 29.

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Il trionfo di Djokovic: Il terzo set

L’avvio è diverso rispetto ai set già conclusi perché Anderson riesce finalmente a tenere la battuta e va a condurre per 1-0. L’equilibrio nei turni di servizio si mantiene fino sul punteggio di 4 pari. Anderson ha alzato il suo livello di gioco e mette maggior pressione al suo avversario servendo come ha fatto nel corso del torneo e rispondendo con incisività. Si carica e continua a credere in una possibilità di rimonta. Il suo servizio è adesso decisamente più efficace. Al nono game, con il serbo alla battuta per pareggiare il conto dei giochi, ha ben due set point, non consecutivi, annullati tuttavia da Djokovic in maniera rocambolesca, in un game dove Novak commette addirittura tre volte doppio fallo.

Con qualche complicazione lo score giunge comunque sul 5 pari. Anderson rapidamente fa il game del 6-5. Sul turno seguente ancora sul servizio di Djokovic, il sudafricano ha nuovamente due set point a disposizione, questa volta consequenziali. Ma Novak li contrasta a dovere. Poi ne fronteggia un terzo, anche questo annullato. L’alternanza finisce sul 6 pari. La roulette del Tie Break chiuderà il parziale. Qui Djokovic diventa il sapiente gestore del momento, fino ad avere 4 match point di fila portandosi a 6 punti contro 2. Il primo lo elimina Anderson con uno smash bomba. Ma sul secondo Novak sigilla il match con una grande prima palla di servizio che Anderson può soltanto spedire in rete. Djokovic mette in archivio il suo quarto Wimbledon, 2011, 2014, 2015 e 2018, il suo tredicesimo titolo Major della carriera.

Dopo mesi e mesi di tribolato travaglio fatto di infortuni, sconfitte e quant’altro, è tornato l’uomo vincente di un paio d’anni addietro e ha scelto di farlo nel posto migliore. E dire che, dopo la sconfitta patita al Roland Garros da Cecchinato, aveva dichiarato che avrebbe forse saltato tutta la stagione sull’erba. Qualcuno gli avrà fatto cambiare idea, per sua fortuna, perché sollevare la Challenge Cup, questo il nome del trofeo di Wimbledon, è cosa rara e per pochi.

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L’epopea dei Fab Four

Da quando cominciò a Wimbledon l’era di Roger Federer nel 2003, hanno elevato al cielo questo simbolo di trionfo solo 4 tennisti: Roger Federer, 8 volte, Rafael Nadal 2 volte, Andy Murray 2 volte, e Novak Djokovic, appunto, 4 volte. Nello stesso periodo hanno tentato, invano, di opporsi a loro in finale l’australiano Mark Philippoussis, l’americano Andy Roddick, il ceco Thomas Berdych, il canadese Milos Raonic, il croato Marin Cilic ed il sudafricano Kevin Anderson. Federer e Nadal hanno anche perso però 3 finali, mentre Murray e Djokovic 1 a testa, sconfitti sempre dai rispettivi colleghi. Come dire un dominio assoluto dei Fab Four che dura da 15 anni. Altro che Next Gen.

 

Articolo di PAOLO ROSSI, Foto di Enrico Milani Formulatennis.com