Lo Us Open premia Djokovic ed il tennis italiano
Novak Djokovic ha vinto la finale maschile battendo Roger Federer, mentre al femminile Flavia Pennetta ha sconfitto Roberta Vinci in una storica finale tutta italiana. L’articolo di Paolo Rossi.
Trionfo di Djokovic e dell’Italia allo Us Open di tennis
Alla fine ha vinto Novak Djokovic. Come a Wimbledon lo scorso luglio ha battuto Roger Federer nell’ennesima finale Slam giocata dai due campioni. Il risultato (6-4, 5-7, 6-4, 6-4) ha evidenziato la maggior freschezza atletica del serbo pur continuando a mostrare la grandissima qualità tecnica ed agonistica del giocatore svizzero capace di creare numerose opportunità di rimonta nel corso del match, in barba ai suoi 34 anni suonati. L’incontro conclusivo del torneo è stato intenso pur avendo evidenziato qualche errore di troppo. Federer ha avuto ben 23 palle break nel totale del confronto ma ne ha realizzate solo 4. Ma dall’altra parte della rete c’era Novak Djokovic. Un tennista dal carattere d’acciaio e con una rapidità d’azione unica. L’equilibrio iniziale della partita si è rotto già nel primo set perso da Federer. Un parziale che non avrebbe mai dovuto cedere e si è visto fin dal primo game qual’era il tennista che intendeva guidare le danze. Aver fatto proprio il secondo set grazie a qualche invenzione straordinaria tirata fuori dal suo cappello a cilindro ha allungato i tempi, ma a sfavore del tennista di Basilea e la prospettiva di un match lungo ben oltre le tre, quattro di gioco sarebbe diventato un monte da scalare troppo elevato. L’atletismo di Djokovic è stato il valore aggiunto che ha spostato l’ago della bilancia. La statistica evidenzia la quantità di errori gratuiti di Roger con un saldo negativo dalla parte del diritto, il colpo con cui solitamente riesce a dominare molti scambi e a costruire i punti. Altrettanto interessante è verificare come tante palle break prodotte dallo svizzero siano state poi vanificate proprio da diritti fuori misura o cacciati in rete, errori in parte giustificati dai rischi che Roger si stava prendendo nel tentativo di accorciare gli scambi. Nel palleggio da fondo campo il serbo è difficilmente battibile. Sa imprimere alla palla rotazioni e pesantezza da autentico numero 1 al mondo quale è, e soprattutto corre sul campo come una gazzella, raggiungendo ogni genere di traiettoria impressa dagli avversari. È evidente che Federer sentiva la pressione di dover creare sempre qualcosa di inaspettato e imprevedibile per vincere i punti ma contro questo Mister Fantastic “l’uomo di gomma” capace di recuperi impossibili era necessario accorciare i tempi dei palleggi, cercare il net con insistenza e correre tanti rischi. Come è stato. (nella foto di repertorio scattata da Brigitte Grassotti agli Internazionali d’Italia Djokovic e Federer).
Novak Djokovic è un grandissimo campione e ha meritato questo nuovo successo in una prova Major, alla faccia dei 26.000 spettatori presenti nel gigantesco catino da tennis di New York che ad un certo momento della partita hanno cominciato a tifargli a sfavore con un atteggiamento al limite del “gufaggio”, quasi invocando le divinità tennistiche – Gianni Brera se avessimo parlato di calcio avrebbe citato Eupalla, il dio del pallone – a deviare il corso del match esclusivamente verso la possibile rimonta e vittoria di Federer. Il fascino dello svizzero è tale che ogni poltroncina aveva trasformato in quel momento il legittimo proprietario in un ultras federiano sfegatato. L’inizio della rimonta di Federer nel quarto set da 2-5 fino a 4-5 e 40-15 per un soffio non ha realizzato i sogni degli spettatori. C’era un desiderio del pubblico di voler rendere quell’attimo leggendario conferendo a Federer il ruolo di leggenda intramontabile visto e considerato quante emozioni abbia regalato agli appassionati negli ultimi 15 anni. È il desiderio atavico d’ogni individuo di voler fermare il tempo. Vana speranza che solo lo sport – ogni tanto – illude di poter realizzare.
E’ trionfo dell’Italia nello Us Open femminile
Il torneo delle italiane ha fatto sobbalzare tutti nelle poltrone davanti ai televisori. Nessuno immaginava non solo una vittoria d’una tennista azzurra nel Singolare femminile ma tantomeno una finale giocata da due giocatrici di nazionalità italiana ed entrambe pugliesi, la Pennetta di Brindisi e la Vinci di Taranto. Lo Us Open è stato vinto appena Robertina Vinci ha messo ha segno con una deliziosa demi volée il match ball contro Serena Williams in semifinale, spedendola così negli spogliatoi affranta e delusa per aver fallito ad un passo la conquista del Career Grand Slam. Ma per quanta delusione ha provocato la Vinci negli americani di razza ha prodotto negli appassionati d’Italia un entusiasmo incredibile. In quel momento l’Italtennis aveva già vinto il torneo Slam di New York per la prima volta nella storia. Ancora una volta sono state le donne a stupire. Se una vittoria in una tappa Slam manca con gli uomini dal 1976, anno in cui Adriano Panatta trionfò in quel del Roland Garros, nell’ultimo quinquennio le ragazze hanno saputo fare sfracelli. Nel 2010 Francesca Schiavone seppe vincere a Parigi un torneo magico, giungendo poi in finale anche l’anno successivo quando perse dalla cinese Li Na. Nel 2012 fu Sara Errani a centrare la finale del Bois de Boulogne, anche se fu poi sconfitta nel match conclusivo dalla Sharapova. Occorre anche render conto dei numerosi ottimi piazzamenti ottenuti nelle altre prove Major e delle vittorie in Fed Cup. Insomma le ragazze del tennis hanno prodotto entusiasmo intorno ai loro fantastici risultati.
La vittoria di Flavia Pennetta a New York è il coronamento d’una carriera lunga e densa di sacrifici dove più volte la brindisina è stata presa negli anni passati dalla voglia di mollare tutto. Qualche infortunio di troppo sommato a vari scoramenti e vicende personali – su tutte la sua storia affettiva finita con Carlos Moya – avevano annebbiato la sua voglia di continuare a giocare. Eppure non si è mai persa d’animo del tutto e ha sempre trovato la forza per risalire la china fino a ritrovare un buon gioco e convinzione nei suoi mezzi. In semifinale contro la rumena Halep numero due del mondo ha sfruttato al meglio le “gomme sgonfie” dell’avversaria (come la stessa giocatrice ha definito di sentirsi) frantumandone le velleità in meno di un’ora di gioco. Inequivocabile il risultato. Un 6-1, 6-3 che non lascia adito a nessun dubbio. Aver trovato Roberta Vinci in finale, amica d’una stagione tennistica trascorsa insieme fin dalla giovinezza, non è certo stato facile. Roberta veniva dall’impresa epica d’aver sconfitto la nera d’America Serena Williams in procinto di centrare il Career Grand Slam. Un match quest’ultimo inaudito dove i bookmakers davano la Vinci a 300 a 1. Se qualcuno avesse puntato prima della partita 10 euro sulla vittoria della Vinci ne avrebbe guadagnati ben 3000. Cose dell’altro mondo. Di quel mondo che è apparso inverosimile quando le due protagoniste della finale era Flavia Pennetta e Roberta Vinci. Bellissimo vederle abbracciate a lungo a bordo rete al termine del match a suggellare una stima reciproca ed un’amicizia che dura da oltre 20 anni. Straordinario vederle protagoniste della cerimonia di premiazione con alle spalle due bandiere tricolori sommerse da tanti vessilli a stelle a strisce. Sembrava un sogno. Invece era realtà. Come è realtà l’annuncio del ritiro di Flavia Pennetta annunciato in diretta televisiva prima di ricevere la coppa della vincitrice e dedicarsi ai fotografi. Adesso ha toccato il cielo con un dito. Ha raggiunto il vertice della carriera scrivendo il proprio nome nell’albo d’oro duna tappa Slam. Quella più dura e ricca al mondo. Ora desidera altro. Una vita normale e non da nomade della racchetta ed una famiglia. Anche questo desiderio è da Grande Slam. Chapeau.
Articolo di Paolo Rossi