Us Open – Daniil Medvedev trionfa a New York
Daniil Medvedev trionfa a New York e blocca il progetto Grande Slam disegnato da Djokovic nel corso della stagione. Nell’ultima sfida prima di conquistare il titolo dei titoli in campo tennistico Novak è rimbalzato sul muro di gomma costruito dal russo. Un tennista della Next Gen ha così aperto una breccia consistente per l’avvio del ricambio generazionale.
New York – Doveva essere la finale per collocare Novak Djokovic nel novero delle divinità assolute del Tennis. La conquista dello Us Open, dopo aver vinto ad inizio 2021 Melbourne, poi il Roland Garros a Giugno e Wimbledon l’11 luglio scorso, avrebbe significato per il serbo la conquista del Grande Slam, cioè il successo nei 4 Major nello stesso anno solare. Invece un ragazzo nato a Mosca e residente a Montecarlo, fisico da cestista con i suoi 198 centimetri di altezza, che risponde al nome di Daniil Medvedev, all’età di 25 anni ha frantumato un sogno che è tale dal 1969, da quando fu l’australiano Rod Laver ad ottenere agli albori dell’era Open, il Grande Slam, il secondo – il primo lo realizzò nel 1962 – della sua fenomenale carriera.
Foto Darren Carroll/USTA
Daniil Medvedev (2) batte Novak Djokovic (1) 6-4, 6-4, 6-4 in 2 ore e 15 minuti
La finale del Singolare Maschile si è conclusa con punteggio periodico, un triplo 6-4, ed una durata a sorpresa, troppo breve se consideriamo le rimonte epiche a cui Djokovic aveva abituato il pubblico quest’anno ogni qual volta si era trovato sotto nel punteggio.
Il primo game del primo set ha fornito una chiara indicazione di quello che sarebbe accaduto nel corso del confronto, quando il serbo ha ceduto il servizio dopo essere stato avanti per 40-15. Questo primo episodio ha fornito a Medvedev la mappa del tesoro con le precise coordinate per raggiungerlo. Il russo ha creduto fortemente sulle sue capacità ed ha imposto un ritmo di gara asfissiante, sfruttando in modo impeccabile i propri turni di battuta grazie ad una prima palla sempre efficace e imprimendo traiettorie di diritto e rovescio profonde ed incisive. In sintesi Medvedev ha continuato a mietere i punti decisivi e in un batter d’occhio si è ritrovato in vantaggio per due set a zero.
L’energia della partita era ormai tutta dalla parte di Medvedev. Questa percezione l’ha avuta ben chiara anche Djokovic che ha tentato di capovolgerla fracassando a terra con rabbia una racchetta e avviando un turpiloquio durato in realtà lo spazio di pochi attimi. A volte gli è stato utile per ribaltare le situazioni negative prodotte dal campo. Ma non in questo caso. L’ago della bilancia si è mosso di pochissimo. Illusorio l’aver annullato due match point sul 5-2 e aver rimontato fino al 5-4 del terzo set. Il destino era già stato scritto. In cirillico.
Foto Darren Carroll/USTA
C’era troppo in ballo dal punto di vista narrativo. La possibilità di vincere il Grande Slam è una combinazione difficilissima e quando capita trasforma l’ultimo match in una lotta epica anche in opposizione a se stessi, oltre che contro un avversario che farà di tutto per batterti. Centrare il Grande Slam significa entrare nell’Olimpo della storia del Tennis. Fornisce la patente dell’immortalità sportiva. Medvedev era pienamente consapevole di questi elementi interiori capaci di far tremare chiunque al di là della rete. Come era cosciente delle sue possibilità di poter vincere il suo primo Major in carriera perché conscio delle difficoltà emotive che Djokovic avrebbe dovuto allontanare fin dall’inizio della partita.
Sensazioni rivelatesi fatali e manifestate con una tensione muscolare eccessiva quando intendeva accelerare la palla nei colpi di rimbalzo, con un primo servizio altalenante, con gambe meno reattive del solito. Le motivazioni per Djokovic erano altissime ma la soglia dello stress ha probabilmente raggiunto un picco eccessivo proprio nella partita finale dello Us Open producendo una sorta d’ansia da prestazione iniziata ad accumularsi fin dal dopo Wimbledon, quando i media cominciarono a parlare di Grande Slam possibile e soprattutto fattibile.
Per uno che di Slam ne ha vinti 20 poteva sembrare routine, invece Novak ha disputato un match di finale meno consistente del solito, a testimonianza che anche lui è un essere umano fatto di cuore e cervello e non solo muscoli e tecnica. Un robot tornato umano.
Queste considerazioni vogliono però evidenziare anche il modo con cui Daniil Medvedev ha interpretato il match, sfoggiando una capacità tattica perfetta e dimostrando di aver appreso molto dalla sconfitta sofferta a Melbourne proprio da Novak ad inizio annata. Se Djokovic ha espresso un gioco meno produttivo la causa sta nella qualità tennistica espressa da Medevedv. La sua voglia di vincere ha superato di gran lunga in questo contesto quella di Djokovic e Daniil ha meritato di sollevare il suo primo trofeo Slam in carriera. Dopo Thiem lo scorso anno, adesso è toccato a lui festeggiare la sua prima grandissima vittoria.
Foto Garrett Ellwood/USTA
Djokovic ha ottenuto numerose ovazioni dagli spettatori che hanno riempito l’Arthur Ashe Stadium. Nole ha giocato con gli occhi pieni di lacrime l’ultimo gioco della partita.
“Ho provato tante emozioni diverse - ha detto ai microfoni in sala stampa - Certo, parte di me è molto triste, è una sconfitta difficile da digerire, visto ciò quanto c’era in palio. D’altro canto, però, ho avvertito qualcosa che non avevo mai avvertito prima a New York, il pubblico mi ha fatto sentire davvero speciale, e la cosa mi ha piacevolmente sorpreso. Non mi aspettavo niente, ma il supporto e l’energia che ho ricevuto dal pubblico sono cose che mi ricorderò per sempre. Per questo mi sono messo a piangere al cambio campo, le emozioni e le energie erano fortissime, direi forti quanto ciò che avrei provato vincendo il mio ventunesimo Slam. Ovviamente un atleta vuole vincere, ma questi sono i momenti che durano a lungo – è stato meraviglioso”.
“Tutto ciò che accade per la prima volta è speciale - dice Medvedev raggiante ai giornalisti - ricordo ancora i titoli juniores e il primo Futures. Quando vinco un Masters 1000 sono contento ma il mio unico pensiero è che ne voglio vincere ancora. Non è scontato ottenere risultati di questo livello, l’importante è dare il proprio massimo anche se si fallisce. Ora provo solo una grande felicità, non so come mi sentirò qualora dovessi vincere altri Slam. Un’altra differenza è che quando vinci un 1000 non hai neanche il tempo di festeggiare perché ce n’è già un altro subito dopo, come successo in Canada poche settimane fa, mentre dopo uno Slam è possibile prendersi una pausa, quindi ora posso festeggiare come si deve, sono russo, so come si fa!”.
Paolo Rossi