Silvano Fiorucci: A tu per tu!

Intervista realizzata con il tecnico tifernate Silvano Fiorucci e pubblicata sul sito www.ibfootball.com

Intervista a Silvano Fiorucci pubblicata in data 25 luglio 2013 sul sito www.ibfootball.com

Per la terza puntata della rubrica “A tu per tu” abbiamo intervistato Silvano Fiorucci. Allenatore umbro di Città di Castello (PG), inizia ad allenare a 35 anni in eccellenza; successivamente passa alla Serie D allenando il Foligno e negli anni successivi collabora con Padova e Treviso in B. Per qualche anno è allenatore in seconda con Giorgio Rumignani. Dal 2001 al 2005 lavora per Benevento ed Arezzo in serie C1, Imolese (Serie C2) e poi Fidelis Andria (ancora Serie C1). Successivamente allena a Foggia (Serie C1, con Pavone D.S.), poi va a Teramo (Serie C1) e Sansovino (Serie C2). Nelle ultime stagioni torna ad allenare in Serie D con Orvietana, San Sepolcro e Pierantonio.

 

 

Buongiorno mister. Al pari di Giovanni Bucaro, compagno di corso ed ospite la scorsa settimana della ns. rubrica, il 6 luglio 2013 anche Lei ha conseguito il Master di Allenatore Professionista Prima Categoria – Uefa Pro. Da cosa si sente maggiormente arricchito in questa positiva esperienza?

Tutto il percorso del master è stato altamente formativo ed è stato un arricchimento sia sotto il profilo professionale che lavorativo, in quanto ho sempre pensato che “la persona che pensa di sapere tutto sa niente” è arrivata al capolinea, non riesce ad arricchirsi di quello che lo circonda, non gli interessa del mondo che avanza: quindi non rimane al passo con i tempi. E’ stato un anno passato con docenti altamente professionali e competenti, con personaggi come Ferretti e Ulivieri che hanno espletato la loro carriera sui campi da calcio quindi altamente pratici. Molto interessanti sono state le visite alla Fiorentina, Inter, Parma alla sede Uefa, le esperienze citate di Prandelli, Allegri , Montella, Capello, Donadoni, Berruto, Messina e tanti altri. Altrettanto importanti i confronti con colleghi molto più giovani di me che iniziano la loro nuova avventura con tanto entusiasmo, entusiasmo che ho nel DNA e che mi ha spinto dopo un lungo “vissuto calcistico” a provare questa nuova esperienza per soddisfare la mia continua curiosità, la mia voglia di sapere e di rimanere sempre aggiornato. Esperienza veramente impagabile che non mi permetterà una chiamata dei vari Moratti, Agnelli o Berlusconi ma che oltre alla soddisfazione personale è la riprova che non è mai troppo tardi per continuare a coltivare sogni. La competenza non ha età anche se il percorso calcistico odierno ha un “ITER” predefinito in cui è essenziale il motto “largo ai giovani”, frenando di fatto tanti tecnici preparati che hanno un grossissimo handicap, vale a dire “la carta d’identità”. Con molta serenità mi pongo e pongo una domanda; perché “rottamare” chi ha ancora da dare qualcosa, chi ancora riesce a trasmettere valori positivi sempre più rari nella nostra società, chi ancora possiede tanta “adrenalina” solo a pensare ad un pallone che rotola, chi ancora ha passione che va al di là del lato puramente economico?! Penso di essere uno dei tanti “esperti” che considera il mestiere d’allenatore come una gioia, un privilegio, il privilegio di esercitare una professione magari altamente a rischio (spesso non bastano neanche i risultati) ma nella quale non esiste la “piattezza” di timbrare un cartellino per arrivare a fine mese e riscuotere uno stipendio.

 

 

Lei che ha allenato diverse squadre in C1, ritiene interessante un campionato senza retrocessioni come la Prima Divisione di questa stagione? Quali stimoli le suggerisce?

Magari i fatti mi smentiranno ma penso che nella prossima annata il vero campionato di Lega prof. sia quello di Seconda Divisione, con la categoria superiore che perderà d’interesse, poiché alcune squadre punteranno decise alla promozione ed altre avranno interesse solamente a far giocare tanti giovani. Quindi corazzate da una parte e formazioni imbottite di ragazzi alle prime armi dall’altra che non avranno da chiedere niente al torneo. Campionato falsato? Vedremo a fine anno: certamente tanti posti di lavoro in meno fin da questo campionato sia per giocatori ancora validi magari non giovanissimi che saranno costretti ad emigrare nelle categorie inferiori, sia per gli allenatori che son rimasti fuori dalla prima chiamata, e con società che non avranno nessun tipo d’interesse (a meno di disastri conclamati) a spendere soldi per una nuova guida tecnica. Diventerà un giro sempre più chiuso.

Non era mai successo che in Seconda Divisione fossero nove squadre a retrocedere. L’allenatore, oltre l’aspetto tecnico, come deve gestire la pressione ambientale?

Credo che in qualsiasi categoria (con ruoli diversi, penso di poter parlare con cognizione di causa poiché ho esperienze in tutte le categorie, dalla D alla A ) “la GUIDA” debba saper curare e gestire non solo l’aspetto tecnico ma anche quello psicologico, comunicativo, i rapporti con la piazza, con i media e con la società. Deve essere competente, ma non basta se non sa reggere la pressione che secondo il mio parere è il bello della nostra professione: insomma, deve cambiare mestiere. L’allenatore deve essere il “pilastro” dell’impalcatura, se è debole la “casa” crolla. Se non riesce a gestire le varie situazioni che gli capiteranno nell’arco del campionato, finirà con il trasmettere insicurezza. Può essere un genio, ma non sarà seguito e non avrà vita lunga.

Partendo dal presupposto che “i moduli tattici li fanno i giocatori” lei come allenatori blasonati come Benitez preferisce schierare la difesa a 4 o per dirla con Conte la vede bene anche a 3?

I moduli tattici sono stati, sono e sempre saranno un falso problema, un alibi per chi non ha idee o le ha molto ristrette, oppure è talmente sicuro da sfociare nella presunzione e spesso questo non paga. Se un allenatore non riesce ad avere fantasia sarà sempre troppo schematico e lineare, sarà sempre piatto quindi prevedibile, e se sei prevedibile presti il campo agli avversari che sapranno come, quando e dove colpirti nei tuoi punti deboli. Lo stesso discorso vale per le difese a 3 o a 4, ho sempre pensato e sempre penserò che un tecnico abbia il preciso DOVERE di cercare di far rendere al meglio il “MATERIALE UMANO” che ha a disposizione. L’allenatore può, anzi deve essere un gestore di persone che hanno il DIRITTO di essere valorizzate, quindi deve elaborare le sue idee in funzione del gruppo a disposizione. Nella mia carriera ho giocato col 3-5-2, col 3-4-2-1, col 3-4-1-2, col 3-4-3, col 4-4-2, col 4-2-3-1, col 4-3-3, col 4-3-2-1 e col 4-1-4-1, ad uomo nella zona, a zona totale, a zona mista, con l’Arezzo e a Foggia spesso col 4-2-4, ebbene nessuno di questi moduli mi potevano garantire la vittoria, ma certamente mi hanno garantito spesso “la prestazione”. Nessuno di questi assetti era casuale o dettato dalla moda del momento. Sono invece e saranno sempre dettati dalla volontà ferrea di ottenere il meglio dai giocatori a disposizione, non trascurando un “piccolissimo dettaglio” che spesso fa la differenza. Il calcio è tempo e spazio che riassumo in momenti e, a seconda dei momenti, utilizzavo (e spero di trovare qualche società che me lo permetta ancora dandomi lavoro) quello più idoneo per la gara, per il tipo d’avversari e per il momento che vivevano i miei giocatori. Quindi l’allenatore deve capire quando è il momento di utilizzare un certo modulo e soprattutto lavorarci tanto. Solo su un aspetto sono stato, sono e sempre sarò rigido, anzi aggiungerei inflessibile: le mie squadre devono essere sempre propositive, non mi è mai piaciuto aspettare di “prendere uno schiaffo”. Sono sempre stato del parere che cercare di darlo per primo porti sempre vantaggi. Leggendo queste ultime parole si potrebbe pensare che ho sempre allenato squadre che lottavano per vincere campionati invece no. Ho avuto squadre che lottavano per salvarsi e spesso sono subentrato, quindi mi sono trovato in situazioni ancora più complicate perché non hai tempo a disposizione, anzi il tempo è tiranno. Sarò stato fortunato ma spesso, molto spesso queste situazioni mi hanno dato una carica ancora maggiore e sono riuscito ad ottenere salvezze insperate.

Mister, tra le altre, Lei ha allenato Foggia ed Andria in lega Pro: se guarda all’orizzonte cosa vede per queste importanti piazze calcistiche alle prese con problemi diversi?

Spero che entrambe riescano a tornare nelle categorie che meritano per il calore e la passione che trasudano. Sono due delle piazze più calde dell’intera penisola. Se poi parliamo di Foggia, il cuore mi si apre nel ripensare alla gioia di una salvezza ottenuta partendo dall’ultima posizione, con una serie positiva di 11 risultati consecutivi, una media punti inferiore solo al Napoli ed al Frosinone che salirono in B ma, soprattutto, una “EMPATIA” col pubblico foggiano che mi aveva adottato. Io, “il signor nessuno”, (anche se avevo salvato negli anni precedenti ai Play-out il Benevento in C1 ed allenato sempre in C1 l’Arezzo), idolo nella città di “un certo” Zeman, solo a ripensarci viene la pelle d’oca. Peccato che non ci fu un seguito per la miopia di una dirigenza che, dopo reiterate promesse di rinnovo, cambiò tutto lo staff e tanti giocatori, quando bastava apportare dei ritocchi e seguire la scia d’entusiasmo che ci circondava. Ho cambiato tante squadre ma Foggia e i foggiani rimarranno sempre nel mio cuore.

 

Intervista a Silvano Fiorucci pubblicata in data 25 luglio 2013 sul sito www.ibfootball.com