#1 Aforismi calcistici

Mondiali & Parole – Il primo racconto:  Gli aforismi sul mondo del calcio a cura di Mauro Zappia

Un gioco, uno scherzo letterario. Ecco come si può definire questo scritto. La fortuna dei nostri giorni è quella di avere una notevole mole di informazioni precise, veritiere abbastanza, da poterne verificare la loro verisimiglianza, soprattutto in relazione alla possibilità di citare le fonti da cui provengono.

Sicché il buon internauta si è dilettato a raccogliere queste “verità dette in poche parole, epperò dette in modo da stupire come una menzogna”, che sostanziano in una battuta il nostro sapere calcistico-filosofico. Tuttavia non ci si è limitati alla raccolta ma alla sistematizzazione per filoni dal sapore socio politico, dal gusto tecnico e dal bouquet profumato di storia.

Insomma, vi lascio agli aforismi con due esperimenti da fare dopo la lettura.

Il primo consiste nel verificare se, come diceva Umberto Eco, l’aforisma è “cancrizzabile” (niente di grave, intendo nel senso di granchio): cioè se l’aforisma può presentarsi sensato e condivisibile sia nella sua forma usuale, sia in una forma rovesciata (ad esempio con soggetto e complemento invertiti). Tentare di cancrizzare un aforisma significa quindi mettere alla prova la sua validità in relazione alla capacità di portare un nuovo punto di vista per chi lo comprende. Nel caso in cui esso lo fosse, non sarà portatore di nuovo sapere, quindi rimarrebbe solo una battuta arguta.

Il secondo è cercare di attribuire l’aforisma ad uno dei personaggi della serie che, per dovere di correttezza, innanzitutto, nei loro confronti e in secondo luogo, nei confronti dei pazienti lettori, sono obbligato qui di seguito a citare.

Dunque, buona lettura e buon divertimento!

Personaggi in disordine di apparizione: W. Churchill, A. Baricco, J. Cruijff, V. Boskov, P.P. Pasolini, J.L. Borges, O. Soriano, G Bufalino, Z. Zeman, I. Montanelli, C. Bene, S. Benni, H. Blaha, E. Bombeck, G. Brera, L. De Cescenzo, F. Lebowitz, E. Montale, D. Risi, B. Shankly, G. Trapattoni.

 

Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio. Il calcio è il calcio. Il calcio costituisce oggi con la musica leggera il solo sfogo dinamico e culturale d’una popolazione nelle cui vene è, ormai, dubbio che perdurino molti globuli ereditati dai santi e dagli eroi, dai navigatori e dai martiri ai quali si rifà graziosamente la storia imparata a scuola. Il calcio è un gioco, seppure mima la guerra. Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre. La civiltà dello spettatore è direttamente chiamata in causa, ed essa — bisogna dirlo — non è precisamente elevata in Italia. Il calcio è stupendamente rappresentato dalla nostra nazionale: si vedono undici ragionieri in mutande allo sbaraglio, senza nessuna remora, senza nessun decoro. È il nostro governo e il nostro sottogoverno in mutande. Forse uno dei guai dell’Italia è proprio questo, di avere per capitale una città sproporzionata, per nome e per storia, alla modestia di un Popolo che quando grida “forza Roma!” allude solo ad una squadra di calcio. Dallo stadio calcistico il tifoso retrocede ad altro stadio: a quello della sua stessa infanzia.

Il calcio consiste fondamentalmente in due cose. La prima: quando hai la palla, devi essere capace di passarla correttamente. La seconda: quando te la passano, devi saperla controllare. Se non la puoi controllare, tantomeno la puoi passare. Il calcio è come un pianoforte: otto persone lo caricano in spalla, e tre sanno suonare quel dannato strumento. Gran parte del successo nel calcio sta nella mente. Devi credere di essere il migliore e confermarlo sul campo. Gli inglesi hanno inventato il calcio, i francesi l’hanno organizzato, gli italiani lo mettono in scena.

Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro. Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del «goal». Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno. In fin dei conti il calcio è fantasia, un cartone animato per adulti. Il calcio è dubbio costante e decisione rapida. Il calcio ha le sue ragioni misteriose che la ragione non conosce. Il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai.

Un sociologo è colui che va alla partita di calcio per guardare gli spettatori. Fede è andare allo stadio quando puoi vedere la partita in televisione. Quella del calcio è l’unica forma di amore eterno che esiste al mondo. Chi è tifoso di una squadra lo resterà per tutta la vita. Potrà cambiare moglie, amante e partito politico, ma mai la squadra del cuore. Quando una donna ti fa cambiare vita è roba da ridere, ma quando ti fa cambiare la squadra di calcio del cuore, la situazione è seria. Quando un uomo guarda tre partite di calcio di fila, dovrebbe essere dichiarato legalmente morto. Diventare donna è di particolare interesse solo per un maschio transessuale. Per le donne effettive è semplicemente una buona scusa per non giocare a calcio. Il rugby è uno sport bestiale giocato da gentiluomini. Il calcio è uno sport da gentiluomini giocato da bestie. Il football è uno sport bestiale giocato da bestie. Il calcio, ad ogni modo, non è per signorine. Il rugby, è un gioco da psiche cubista – deliberatamente si scelsero un pallone ovale, cioè imprevedibile (rimbalza sull’erba come una frase di Joyce sulla sintassi). Nato più di un secolo fa dalla follia estemporanea di un giocatore di calcio: prese la palla in mano, esasperato da quel titic titoc di piedi, e si fece tutto il campo correndo come un ossesso. Quando arrivò dall’altra parte del campo, posò la palla a terra: e intorno fu un’apoteosi, pubblico e colleghi, tutti a gridare, come colti da improvvisa illuminazione. Avevano inventato il rugby. Qualsiasi partita di rugby è una partita di calcio che va fuori di testa. Con ordinata, e feroce, follia.

Il pallone è una bella cosa, ma non va dimenticato che è gonfio d’aria.